“Meridiana” è nata sotto lo Scoprione. Non in senso astrologico – evidentemente – ma in senso letterale. Perché, come ogni storia che si rispetti, anche quella cinquantennale della rivista della Società Astronomica Ticinese (SAT) e della Specola Solare Ticinese parte ben prima della sua nascita ufficiale. Per la precisione 4 anni prima, da un bollettino ciclostilato in 7 copie. Ha superato più di una avversità, no da ultimo il rischio chiusura due anni dopo la sua nascita. Il numero 295, pubblicato a fine giugno, segna il 50esimo di vita. Questa è la sua storia. Se vi fa piacere sentirla, ecco come è andata.

La copertina del numero che celebra il 50esimo di Meridiana

Siamo nel maggio del 1971:la sezione di Bellinzona della SAT ha appena finito di mandare alle stampe il primo numero del suo bollettino (sino ad allora erano sporadici). Si chiama “Skorpion” (in onore della rivista nazionale “Orion” che state leggendo), si compone di 3 pagine A4 ciclostilate e sulla copertina appare chiara la dicitura “tiratura controllata: 7 copie” (che diventeranno 15 già due mesi dopo). A fondarla sono Alessandro Materni e Philippe Jetzer, attuale professore al Physik-Institut dell’Università di Zurigo e tutt’ora membro della redazione di Meridiana. A contribuire ai primi numeri anche Gianfranco Spinedi e Paolo Oppizzi. Inizialmente destinata ai soli soci della sezione bellinzonese, “Skorpion” diventa sempre più richiesta anche nel resto del canton Ticino, aumentando velocemente nel numero di pagine e nella quantità di copie stampate. Ben presto nella squadra di redazione compare anche Sergio Cortesi, persona che in seguito determinerà per oltre 30 anni la vita di Meridiana così come il panorama dell’astronomia ticinese, diventando anche direttore della Specola Solare di Locarno Monti, riferimento mondiale per la determinazione del numero di Wolf.

Gianfranco Spinedi e Alessandro Materni durante l’assemblea della SAT del 1978 (foto Stefano Sposetti)

Nel gennaio del 1975, con il numero 19, Skorpion diventa ufficialmente il bimestrale della Società Astronomica Ticinese, con il sottotitolo “Il giornale di astronomia della Svizzera italiana”. La rivista ha sempre la forma originale: una serie di fogli A4 tenuti assieme da una banda verde e da due graffette. Qualcuno medita però la rivoluzione, che diventa realtà durante una riunione a Vernate, piccolo comune del Malcantone che si affaccia sul golfo di Agno. Lì si incontrano Philippe Jetzer, Sergio Cortesi, Don Annibale Stucchi (prete di Vernate) e Paul Frauchiger, colui che aveva proposto un salto di qualità, con la creazione di una vera e propria rivista di divulgazione, che possa parlare non solo ai soci della SAT, ma a un pubblico più ampio, sull’esempio di “Coelum” in Italia. È fatta: Don Stucchi si mette a disposizione per trovare una tipografia, viene formato un comitato di redazione e si decide di abbandonare il nome Skorpion, considerato un po’ teutonico e forse anche fonte di possibili malintesi sul fatto che si parli solo di astronomia. Lucio Dall’Ara, grande appassionato ed esperto di meridiane in Ticino, propone “Meridiana”.

Così, nel maggio del 1975: dalla tipografia Microfilm di Lugano escono le prime tremila copie di Meridiana. Hanno un formato strano: sono poco più grandi di un A5, ma decisamente più piccole di un A4. Vengono tenute assieme da dei punti metallici laterali (come si addice a delle riviste “serie”) e sulla copertina campeggia una foto del cratere Clavius, scattata dall’osservatorio di St.Martin-de-Peille. È l’inizio di tutto: le pubblicazioni si susseguono a ritmo regolare. Fino ad una mattina di fine febbraio del 1977. Il 24 del mese arriva inattesa e funesta la notizia dell’improvvisa morte di Don Annibale Stucchi all’età di 57 anni. È un duro colpo per la rivista: si riesce a malapena a confezionare i primi due numeri dell’anno, poi l’assenza di Don Stucchi si fa sentire, così come alcuni problemi finanziari: la sopravvivenza di Meridiana è seriamente minacciata. E tutto ciò a soli due anni dopo la sua nascita.

Si torna così alle origini: nell’estate del 1977 il gruppo redazionale superstite – guidato dal giornalista Sandro Materni – fa uscire un numero speciale stampato su fogli A4, tenuti assieme da dei punti metallici, che ricordano in tutto e per tutto Skorpion. Con l’unica eccezione che la fascia laterale ora è rossa. La dicitura sotto la testata parla sempre di “bimestrale”, ma nulla si muove fino all’anno successivo. Nel gennaio del 1978 finalmente viene pubblicato il numero 14. È sempre su fogli A4, sempre fotocopiato, sempre tenuto assieme in maniera “casereccia”. L’apparenza non è per nulla quella di una rivista di divulgazione, ma ha il pregio di permettere la ripresa delle pubblicazioni regolari. Due mesi dopo esce il numero 15, poi il 16 e così via. Meridiana è tornata in carreggiata. Ma ci vorrà ancora fino al numero 69 del marzo 1987 per ritrovare il formato e la copertina dei primi, gloriosi numeri. Nel frattempo, da cinque anni, la responsabilità del bimestrale è passato a Sergio Cortesi, che ha determinato la storia di Meridiana per i futuri trent’anni, investendo moltissime ore del suo tempo libero in ogni numero.

Sotto la sua direzione, Meridiana passa attraverso numerose fasi: quella della copertina solo in bianco e nero (fino al 2000), quella della copertina tutta a colori con lo stesso disegno per tutti i numeri e un nuovo logo per salutare l’inizio del millennio, quella della copertina con una foto sempre nuova, a volte a colori a volte no. L’impaginazione è curata da Marco Cagnotti e il numero di copie si stabilizza attorno alle mille.

Poi arriva l’11 novembre del 2018: a Bellinzona si riunisce il comitato della Società Astronomica Ticinese. Io arrivo in ritardo, e quando entro la decisione è già praticamente presa: Cortesi pensa sia il momento di dare nuove forze al vertice di Meridiana. Mi viene chiesto di mettermi a disposizione. Rispondo di sì, ma a patto di non essere da solo nello sforzo. Così, in una reazione uguale e contraria a quella che (qualche anno prima) mi portò a sorpresa all’interno del comitato SAT, coinvolgo suo malgrado il collega giornalista (e attuale vicedirettore) del giornale laRegione Andrea Manna in una direzione a due.

Inizia così il periodo di transizione, culminato nel 2019 con un piacevole pomeriggio di lavoro passato a casa Cortesi, in cui il direttore uscente e i due entranti pongono le basi per la nuova rivista. Si decide di passare interamente al colore, grazie a una buona offerta della tipografia e alla volontà di tornare ad ottenere il sussidio cantonale per le pubblicazioni scientifiche. Rimane il formato piccolo e agile dei primi tempi, rimane la doppia colonna, ma si allargano le foto, si introducono le infografiche, si va ancora di più verso il senso originario di Meridiana: una rivista per tutti, non solo per chi è già un astrofilo affermato. La rivista così rinnovata va in stampa nel marzo del 2020.

La nuova veste grafica di Meridiana

L’anno scorso, poi, la redazione viene allargata: ai veterani Philippe Jetzer, Michele Bianda, Anna Cairati, Stefano Sposetti (noto ai lettori di Orion),si aggiungono anche la brillante studentessa in Interdisciplinary Natural Sciences Mariasole Agazzi, la collega giornalista alla RSI Manjula Bhatia, il giornalista del Corriere del Ticino Giona Carcano. A loro si affiancano numerosissimi collaboratori, come Carlo Gualdoni, Stafano Klett, Fausto Delucchi, Lucio Negrini, Valter Schemmari, Mario Gatti, Renzo Ramelli e Walter Ferreri. A loro si aggiunge Maurizio Vannetti e il team dell’Ideatorio dell’Università della svizzera italiana, con cui si collabora da qualche tempo per le effemeridi.

Tutti – direttori, redattori e collaboratori – coinvolti a titolo volontario e gratuito nella missione di portare la divulgazione astronomica a più persone possibili, tutti impegnati a titolo volontario. A loro (e a chi ho colpevolmente dimenticato) va un ringraziamento particolare.

E così si arriva a oggi, al numero di maggio-giugno-luglio del 2025: 50 anni dopo la prima copertina, anche l’ultima in ordine di tempo ritrae il cratere Clavius. All’interno delle 44 pagine si parla di noi, di come sia cambiata la rivista, di come sia cambiata l’astronomia, di come, in fondo, siamo cambiati un po’ tutti. Si chiude così un primo giuro di giostra. Inizia il secondo.