Il pianetino (1089) Tama orbita attorno al Sole fra l’orbita di Marte e quella di Giove. Nella recentissima IAUC (International Astronomical Union Circular) N. 8265, le misure ottenute da un nutrito numero di osservatòri, tra cui il nostro Stefano Sposetti di Gnosca, hanno permesso di stabilire che Tama è con tutta probabilità un asteroide doppio. Questa scoperta è probabilmente la prima fatta da astrofili, per una volta, non americani. La foto sulla destra mostra due tracce: quella inferiore è quella del pianetino Tama, quella superiore è quella di (750) Oskar che si trovava casualmente nel campo. La luminosità di Tama è di circa 13.5mag, quella di Oskar di circa 14.5mag. L’immagine è il risultato della somma di 369 foto di 30 secondi ciascuna ottenute a Gnosca nella notte del 3 gennaio 2004, e che sono servite per la determinazione di parte della curva di luce del pianetino. Le interruzioni nelle tracce sono dovute principalmente a passaggi di nubi. Il grafico della curva di luce (sotto) è stato pubblicato sul sito gestito da Raoul Behrend, l’astronomo di Ginevra che ha coordinato questa scoperta iniziata il 24 dicembre scorso. Osservazioni fotometriche del pianetino (1089), ottenute in otto notti tra il 24 dicembre 2004 e il 5 gennaio 2004, forniscono chiare indicazioni che l’oggetto è un sistema binario che dispiega mutue eclissi e/o parziali occultazioni, con un periodo di 0.6852 +/- 0.0002 giorni. Una componente di 0.38 mag sincrona con l’eclissi indica che almeno uno dei due oggetti è di forma allungata e ruota sincrono con il periodo orbitale del sistema. La netta caduta di luminosità dovuta alle eclissi/occultazioni in concomitanza con entrambi i minimi della curva di luce orbitale, ha una durata di 0.08 giorni e un’ampiezza di 0.5 mag. Il primo evento osservato si è verificato il giorno 26.03 UT 2003. La separazione orbitale è stimata a 20km, e corrispondende a una massima separazione angolare da terra di 0”.03. Il prosequio delle osservazioni permetterà di confermare la natura binaria di (1089), e ottenerne i parametri geometrici e orbitali per modellizzare il sistema nelle tre dimensioni. Siccome nè il radiotelescopio d’Arecibo né l’ottica adattativa del VLT sono giunte a separare le componenti, non è da escludere che prossimamente saranno le ottiche del telescopio spaziale a cimentarsi nell’impresa.